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La sostenibile leggerezza dell’essere (qui e ora)

Chi vive nel passato è depresso. Chi vive nel futuro è ansioso. Chi vive nel presente è felice. - Lao Tzu

Ho sempre pensato che bisognasse possedere chissà quali abilità per poter meditare.

Iscriversi a qualche corso in presenza o a distanza, per imparare a fare meditazione.

Poi un giovedì sera ero particolarmente stanca. Erano le otto e avevo già cenato, ero in attesa di prepararmi la mia tisana serale, e di guardarmi la terza puntata di Sanremo.

Mancava ancora un po’ e avevo terminato il mio romanzo del momento qualche ora prima, dunque non mi ci potevo dedicare.

Non avevo voglia di ascoltarmi le notizie al tiggì.

Non avevo voglia di scrollare dentro FB o Instagram.

Non avevo voglia di fare niente: così ho chiuso gli occhi.

Ho radunato quel poco che sapevo sulla meditazione.

Ho portato tutta la mia attenzione sul corpo.

Ho acuito le orecchie per sentire bene i suoni, fuori da me (il ronzio del frigo, la chiave nella toppa della vicina di casa), e quelli dentro di me: il respiro, innanzitutto. Qualche brontolio che arrivava da lontano, nel corpo.

Mi sono messa a fare respiri profondi, consapevoli, e ho provato una sensazione di serenità: ho sentito i muscoli del corpo che si distendevano piano. Ho sentito le spalle abbassarsi (perché, erano per caso su?). Ho sentito un senso di pace, e il respiro farsi più lungo.

Così mi sono resa conto che sì, stavo proprio meditando, e senza che me lo avesse insegnato nessuno!

Molti anni fa ho partecipato a un workshop sul Monte Baldo, sopra Verona. Un’occasione per riflettere sulla domanda “Chi sono io?” (arrivavo da 10 mesi trascorsi in Texas, che mi avevano stravolta e fatto dubitare su molti aspetti della mia vita). Tra le varie attività, la meditazione “dinamica” di Osho: un trauma per me, che da sempre consideravo la meditazione come un atto calmo e pacato, e non un dimenarsi scalmanato delle membra del corpo. Col tempo ho capito che quel tipo di meditazione non fa per me, che sono già agitata di mio, e ho bisogno di pratiche in grado di rallentarmi, piuttosto.

Solo che quella esperienza aveva lasciato il segno: non mediterò mai più, se di questo si tratta, mi ero ripromessa.

Poi è arrivata quella sera aspettando Sanremo, quella meditazione “lenta” improvvisata, ed è cambiato tutto: mi sono aperta di nuovo, alla meditazione, ma come la intendevo io.

Mi sono anche resa conto che, a portarmi a questa sperimentazione meditativa, forse inconsciamente, erano stati due libr(on)i di oltre 400 pagine, che avevo appena terminato.

Mi avevano coinvolta così tanto, da finirli nel giro di pochi giorni: Le coordinate della felicità, e Succede sempre qualcosa di meraviglioso, di Gianluca Gotto. Un essere umano libero e coraggioso che ha vissuto delle esperienze e consapevolezze importanti, e che ha sentito l’urgenza di metterle per iscritto, per condividerle con la comunità di lettori.

Le coordinate della felicità è una storia autobiografica, quella di Gianluca. Succede sempre qualcosa di meraviglioso è un romanzo, ma contiene, di fondo, esperienze ed “epifanie” simili a quelle che ha attraversato Gianluca nella sua vita fin qui.

La consapevolezza più grande che mi hanno lasciato, queste storie, è una specie di mantra che sento ripetere di continuo, in ogni luogo, sotto varie forme: vivi il presente. Il famoso qui e ora. Quante volte ce lo siamo sentiti ripetere? Fino allo sfinimento (spesso senza riuscire a metterlo in pratica, eh). Che è pure uno dei fondamenti della pratica della Mindfulness, ho scoperto durante il lockdown (in cui cercavo nuovi modi di riempire il tempo chiusa in casa).

Lo yoga, da quel che mi ricordo (l’ho sperimentato più volte, tra gli Stati Uniti e l’Italia), prevede una fase di chiusura in cui l’istruttore propone una meditazione guidata: ci si sdraia sul tappetino, si chiudono gli occhi e si segue la voce che porta dentro di sé, nel momento presente, nel corpo. Ancora una volta, il qui e ora.

Facile, no?

No, per niente. Non per una come me, perlomeno.

Ho la mente che viaggia di continuo: nel passato, a rivivere episodi o periodi che mi hanno segnata particolarmente. O nel futuro, a immaginare progetti o scenari nuovi, che diano stimolo al mio presente. Solo che poi il presente mi scordo di viverlo: ci sono momenti in cui mi pare di farmi quasi forza a tirarmi giù dal cielo (le nuvole?) per riportarmi con i piedi per terra. Devo proprio premerli forte a terra per rendermi conto che sono lì, viva e vegeta, e ricordarmi di respirare.

Ed ecco che arriva l’ansia, la mia migliore amica di sempre: perché, appunto, la mia mente è proiettata sempre all’indietro o in avanti, a rimuginare, a pensare, a immaginare, a temere.

Invece, non ha proprio senso starsene dove non possiamo stare: “Il passato è passato” suggerisce l’anziano Guilly al giovane protagonista del romanzo Succede sempre qualcosa di meraviglioso, “Non ci pensare perché non poteva andare diversamente, altrimenti sarebbe andata diversamente. Doveva andare proprio così”.

Quanto è semplice – e spiazzante! – questa riflessione di Guilly? Se doveva andare in modo diverso, sarebbe andata in quell’altro modo – e invece no! Dunque, basta ritornare ossessivamente a eventi passati che ci hanno fatto soffrire, è tempo inutile, energia sprecata, non porta a nulla, se non all’infelicità!

Doveva andare proprio così, affinché tu fossi qui, ora”, continua Guilly, sottolineando come ogni evento, anche quelli più spiacevoli, siano sempre fonte di qualcos’altro. Qualcosa che riguarda il presente, che dà un senso al nostro qui e ora.

“Tu non puoi goderti questo viaggio se vivi di ricordi e proiezioni, desideri e paure, nostalgia per un passato che non tornerà e sogni per cui non lotterai mai”, osserva ancora Guilly, riferendosi al viaggio in Vietnam che sta vivendo il suo nuovo giovane amico. “La sofferenza a cui vuoi tanto scampare non è qui fuori. È dentro la tua testa”.

Ah, la testa! La mente! Sempre lei, la colpevole. “Una scimmia impazzita”, la definisce più avanti Guilly. Che però possiamo imparare a tenere a bada.

Come? 

  • Beh, con la meditazione, per esempio. Anche solo dentro casa nostra, nel nostro angolo preferito, trovare quel tempo senza cellulare e gente attorno, dedicato a percepire “davvero” il respiro, quel che sta accadendo dentro di noi, nel corpo. La mente se ne va a zonzo lo stesso? Lasciamola andare, ci suggeriscono gli esperti. L’importante, è non lasciare andare la focalizzazione sul respiro, sugli impercettibili segnali che ci invia ogni parte del nostro corpo. Quelli, ci stanno dicendo che noi siamo vivi qui e ora, l’unica realtà che conta, il resto, è un’illusione della mente!
  • Oppure sforzandoci di essere presenti e consapevoli quando viviamo, in ogni attimo: sentire il terreno sotto i nostri piedi quando camminiamo, percepire i movimenti del corpo che va avanti, osservare bene intorno a noi, il paesaggio, le persone, quel che succede. Vedere davvero attorno a noi, con gli occhi – e non con la mente. Senza perderci dentro i social o la posta elettronica. Un farsi guidare dalle gambe e non dalla testa, lo definisce Guilly.
  • Oppure immergendoci in qualcosa che ci piace molto: “Trova un’attività che ti faccia entrare nel momento presente, che ti impegni e ti riempia di adrenalina, e non esisterà altro”, suggerisce ancora Guilly. E io penso che è esattamente quel che mi succede ogni volta che scrivo: entro dentro il flusso presente, un processo che mi avvolge e travolge a 360°, senza farmi pensare più a nulla se non a quel che sto facendo – e scrivendo.

Quella sera in cui aspettavo Sanremo e avevo finito il mio libro, ho iniziato a meditare – e non ho più smesso. Ogni giorno cerco quel piccolo momento tutto per me. Ogni volta che cammino per strada o sono seduta dentro la tramvia, un treno o un bus, provo a esserci davvero in quel che sta succedendo,  con il fisico, con tutti i sensi, senza perdermi (troppo) dentro un pensiero (o il cellulare).

Ho notato che il respiro si apre, quando sono nel presente. Che il sorriso mi appare sulle labbra.

Un sorriso che non so definire bene, ma che forse è legato alla consapevolezza che la mia ansia è un po’ passata, perché, come commenta il saggio Guilly nel romanzo di Gianluca Gotto, “Le atrocità sono quasi sempre solo nella nostra testa, la meraviglia è tutta intorno a noi”.

E tu, hai una strategia particolare per restare nel qui e ora?

Raccontacela in un commento qui sotto! 🙂

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