Laura Fusco: l’arte di cogliere bellezza e restituirla al mondo
Sono innamorata della vita anche quando è difficile o toglie o ferisce perché poi risarcisce, stupisce. - Laura Fusco
Verusca Costenaro
Mi chiedo se è possibile provare connessioni profonde con qualcuno che non hai mai visto – dal vivo, intendo. Poi conosco – a distanza – Laura Fusco e mi dico che sì, è possibile.
Laura Fusco è un’anima alla ricerca, della sua “verità”, della sua “bellezza”.
Un’anima che si mette in gioco in forme artistiche ibride, originali, autentiche, vibranti.
Ecco l’intervista che ho avuto il piacere di farle: le mie domande sono in neretto, le risposte di Laura Fusco in corsivo.
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“C’era una volta Laura Fusco, una donna…” potresti completare con qualche riga? Felicemente piena di contraddizioni, riottosa a qualsiasi inscatolamento, la persona che nei test vorrebbe sempre la terza opzione, da mezzo secolo lotto contro le definizioni che lascio agli altri se mai, a me basta “vivermi”, sono innamorata della vita anche quando è difficile o toglie o ferisce perché poi risarcisce, stupisce, vivo ogni giorno come se fosse il primo mentre dire chi sono/stata cristallizza: siamo divenire, anche se ci sono aspetti in me identici a anni fa, mi accompagnano nel cambiamento, un po’ come guardare un fiume, è sempre lo stesso e è sempre diverso …
Se potessi definirti con un colore, quale sarebbe? Quello della luce, bianca? D’oro? Ha tutti i colori in sé, e perché? Mi fa pensare alla leggerezza, verso cui tendo, e fluisce, è libera.
Se la tua vita fosse un animale, un oggetto, una città… quale sarebbe, e perché? Non riesco a scegliere, sono qualcosa che assomiglia a una “panteista” e grande osservatrice, nelle mie lunghe passeggiate senza meta mi perdo nei dettagli, quando scrivo fanno parte del mio atlante dell’anima e come viaggiatrice ho tante città del cuore, italiane, ma anche Parigi, New York, Istanbul ….
Quando e perché hai iniziato a scrivere? A 13 anni. Come si dice, è la poesia che mi ha cercata e io le ho solo fatto spazio, non è stata una scelta, non avevo scelta. Ci sono cose che hanno condizionato: Mozart, i poeti che mi hanno folgorato da adolescente, Omero, Shakespeare Ritsos. E la natura. Vivevo lunghi periodi in una casa sperduta tra colline. La bellezza del paesaggio, non riuscivo a farla stare zitta, tenerla dentro. È stato inevitabile fare qualcosa che mi aiutasse a buttare fuori, restituire quella bellezza, questo per me è stato scrivere all’inizio, un gesto obbligato, come quando ti innamori e non puoi non dirlo, e di auto protezione, tenere la bellezza per me allora era doloroso, impossibile.
Cosa vuol dire per te casa, e dov’è, per te, casa? La poesia è la mia casa, e la natura. Loro sono le mie radici, i luoghi in cui sono, senza bisogno di altro. Come in una casa sono anche i luoghi di certi rituali, dove ritrovo spazi miei che amo, in cui entro fisicamente, con un mio tempo, miei gesti, il caffè, la luce di certe ore, una postura del corpo quando scrivo, davanti alla finestra, sotto un albero, in riva a un fiume, davanti a un paesaggio… Per il resto sono una viaggiatrice, ho fatto un numero incredibile di traslochi, le case degli altri mi incuriosiscono perché mi sembra mi parlino di loro, ma la mia la sento come un’ancora che preclude altre partenze, quando ero piccola per trovarmi dovevano cercarmi “fuori”, nel frutteto, in spiaggia, in giardino .… ora per la prima volta ho trovato una casa in cui sto bene, forse perché è su un fiume …
Essere donna, oggi… puoi completare con qualche riga?È un’opportunità meravigliosa essere donna in assoluto e esserlo oggi di più, per esempio fare mia la lotta per l’ambiente e “la madre terra”, una donna ha più strumenti per capirla e viverla in prima persona e quindi comunicarla e guidarla. Mi piace l’energia che abbiamo, ricevere il testimone delle donne che ci hanno preceduto e i frutti delle loro lotte per i diritti. Poi.. ci sono tante sfide attuali, sociali, per non perdere i diritti conquistati, e per le donne di altri paesi che non ne hanno, e altre culturali e esistenziali, capire quale nuovo modo di essere può rappresentarci in un percorso non solo per rivendicare ma, facendolo, per essere delle noi antiche e nuove senza neppure allontanarci però dalla nostra parte più antica. Sono parti di noi, si completano, non dobbiamo scegliere ma trovare il modo di farle convivere giusto per le sfide e le possibilità di oggi.
Essere poeti, oggi…. puoi completare con qualche riga? Essere poeti è avere uno sguardo sul mondo prima che scrivere e fare poesia. Oggi la poesia è più importante che mai, è necessaria più che mai.
I tuoi libri, che sapore hanno, e perché? Della vita, difficile dire che sapore ha la vita, e se si potesse dirlo non sarebbe la cosa meravigliosa, indicibile, imprevista e imprevedibile che ci riempie di regali, ferisce, guarisce, permette di rinascere, stupisce sempre.
I libri possono cambiarci la vita? Se sì, come? Assolutamente sì. Aiutandoci a aprire porte segrete della nostra anima, mettendo in moto la nostra fantasia e immag-in-azione e permettendoci di creare la realtà in cui crediamo e che vogliamo, mostrandoci che siamo empatici, bellissimi e che la nostra bellezza salverà il mondo, anche proprio la nostra di ognuno di noi … come ho scritto in un testo un libro “è il bacio della Bella Addormentata,/ chi è bello e addormentato siamo noi,/ le parole ci baciano, /e baciandoci/ ci svegliano…” continua.
Mediterraneo, cos’è, per te? Il Mare Nostrum culla di popoli ricchi di Storia, radice di bellezza e cultura, ma anche tomba. È inimmaginabile che migliaia di persone ci abbiano finito il loro viaggio per sempre, che quel blu nasconda migliaia di sogni interrotti e corpi senza vita …
La tua gioia più grande è….. completa! Sgorga da dentro, come lo stupore, la meraviglia, dall’essere viva, come l’amore non chiede ragioni per essere, o spiegazioni, e non può essere descritta, è.
Ti interessano le storie di vita? Se sì, perché? Sono un’osservatrice affascinata dalle storie, da sempre passo gran tempo a osservare sconosciuti, mi chiedo cosa provino, che emozioni nascondano. E mi piace incontrare persone e sentirle raccontare, chiedere. Come poeta è doppiamente affascinante dare loro voce perché tutti hanno storie incredibili che spesso non hanno voce. Poi perché è etico raccontarle, perché aiuta altri nelle stesse situazioni a trovare esempi e forza, scoprirsi empatici, guarire, sentirsi meno soli.
Una cosa a cui non potresti mai rinunciare? Due, la libertà e, ebbene sì, sono nella rubrica giusta … il caffé!
Cosa vuol dire, per te, “visionario? La capacità di “vedere” invece che di guardare, avere un’immag-in-azione potente, vibrante, cogliere quello che le cose comunicano senza dirlo, e anche avere visioni del futuro, nel senso di prefigurarlo…
Perché la poesia dovrebbe starsene in mezzo al pubblico? Ci sta ancora? Un bel paesaggio è lì anche se nessuno lo ha ancora scoperto e così un bel verso. Ma al tempo stesso senza “il pubblico” non esiste. I poeti sono due, chi scrive e chi leggendo si scopre coinvolto, emozionato. La lettura mette in risonanza chi legge e la poesia in questo modo vive una seconda nascita, rinnova in un certo senso l’atto creativo del poeta, ma stavolta all’atto partecipa il lettore, la risonanza che risulta è ogni volta diversa, per ciascun lettore, l’alchimia che quel poeta riesce a creare in quel lettore e che quel lettore rende possibile.… Nonostante quello che si dice e la politica miope di editoria e media oggi, la poesia è amata, cercata citata, soprattutto dai ragazzi, e questo è bellissimo e ci fa sperare.
Che rapporto hai con la musica, i suoni? Ho cominciato a ascoltare musica a 9 mesi, a pochi giorni mi svegliava Mozart, l’opera, a 4 anni le mie sere erano sul palco di legno del Conservatorio di Torino sotto il pianoforte mentre mostri sacri lo suonavano, poi è venuto il jazz, il tempo passato alle prove del primo amore musicista, gli studi di teatro musicale a Avignone e Parigi, il tirocinio al Teatro La Fenice. La musica è stata sempre un mondo. Mi ha insegnato a ascoltare anche il silenzio, a diventare consapevole di quella che sentivo in un concerto e di quella che sgorgava dentro di me, scoprire che si forma una continua risonanza tra dentro e fuori, quando come un diapason la tua anima e il tuo corpo suonano con la musica di fuori, o quando invece scrivendo fai fluire fuori quella che hai dentro. Insomma ha influenzato la mia scrittura e la mia vita. E ancora: spesso le mie poesie nascono da una “musica/melodia” nella testa, un respiro prima non chiaro ma che man mano si individua dentro e diventa verso, il fatto che sia una poetessa orale poi fa si che io traduca il suono che è nei versi e che il lettore sente nella sua testa e lo renda anche attraverso la mia voce, il mio corpo …
Se dico “diverso”, tu a cosa pensi? A una porta, aprirla e aprirsi al gesto di farlo e facendolo scoprire che si è più grandi di come ci conoscevamo. Le differenze sono come le note, se fossero uguali non sentiremmo nulla, suonando insieme creano una musica. Sono sempre stata curiosa e attratta dall’allontanarmi dal conosciuto, quando lo fai fai un giro in cui alla fine hai una chiave in più per scendere nei tuoi abissi oscuri e luminosi. E anche in noi c’è del diverso rispetto a ciò che pensiamo di essere: all’improvviso magari dopo anni lasciamo andare cose, persone, modi di essere che ci rappresentavano e non lo fanno più perché si aprono nuovi scenari … a volte è difficile, all’inizio sembra doloroso, ma è appassionante, fa parte dell’impermanenza, del fiume in cui siamo immersi e di cui siamo parte. Da adolescente mi sono sentita doppiamente diversa, perché adolescente e perché poeta, all’inizio la poesia ti chiede tutto e è difficile gestire un modo di vivere in cui è sempre al primo posto, davanti a tutto e tutti, poi c’è il rapporto con la bellezza che all’inizio è splendido ma devastante, bisogna trovarsi, trovare il modo di rapportarsi con lei e questo lavorio interiore ti fa sentire sola, diversa, ti devi dedicare interamente per trovare il tuo modo … O si potrebbe anche dire: diversi da chi? Non nel senso, sbagliato, di volere annullare le differenze e non vederle, ma nel prendere coscienza che siamo diversi tutti. Forse se ne ha paura e si cerca di assomigliare a un’idea che ci si è fatti di normalità, ma l’idea che esista una normalità è superficiale e di grande povertà, ci priva delle sfaccettature, dei tesori che ognuno nasconde o esibisce, è. Se li stigmatizziamo e non accettiamo perdiamo in due, è sempre un gran peccato. E oltre che un atto di violenza contro gli altri, lo diventa anche contro noi stessi che in questo modo viviamo senza permetterci scambi, di crescere, ci riempiamo da soli di limiti, sostituiamo all’interesse, alla curiosità, al “viaggio” nel e con l’altro la paura che esclude, gli altri da noi, e noi alla fine da tutto e anche dalla parte di noi che vorrebbe uscire, scoprire, vivere. Di altro mi fa venire in mente tutte le mie campagne e scritti per Amnesty, per i diritti delle minoranze: in quei casi combattere un’accezione inaccettabile del termine diverso è rivendicare per tutti il diritto e la libertà di essere e esprimere ciò che si è al di là di definizioni e discriminazioni, uno degli obiettivi della mia poesia e del mio attivismo.
La fotografia di Laura Fusco con Caravaggio è di Laura Toppan.
Quali sono i tuoi progetti attuali, e quelli futuri? “Cerco Ophelia” che voi state cominciando a conoscere continua con nuovi video, nuove tappe europee e non solo, e così Words 4 a World, poi ci sono due nuove raccolte che stanno traducendo e usciranno presto, tantissimo altro … e poi, cose stanno arrivando “da sole”, sorprese, scoperte di nuovi collaboratori incontrati per caso o che mi hanno cercato o sono spuntati dal nulla, il modo della vita di venirti lei incontro è l’altra faccia del progettare e costruire e entrambe le facce sono bellissime, quando fai e quando sei aperta e accogli …
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E una delle raccolte di cui parla Laura Fusco è finalmente uscita, la trovate a questo link:
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